Da Garching an der Alz a Altotting, Burghausen e Erding. Sfida al Grossglockner.
Il sesto viaggio in mountain bike di Daniele e Silvano ci porta ad Altˆtting e Burghausen partendo da Garching. Arriveremo a Erding per raggiungere Monaco di Baviera. Ma la sfida finale sar‡ la vetta pi˘ alta dellíAustria: il Grossglockner!
Sabato 11 Luglio 2020
Il cielo non promette nulla di buono. Mentre aspetto Daniele sulla panchina del parco sotto casa mille pensieri mi assalgono. E’ mattina presto di un sabato d’estate: qualche rara automobile interrompe il silenzio, mentre il cinguettio degli abitanti dell’albero dove mi riparo dal sole mi tiene compagnia. Sto pensando che questa è la sesta volta che partiamo per il nostro viaggio in bicicletta attraverso la Baviera: ormai è una tradizione a cui non vogliamo rinunciare. Ogni estate un itinerario diverso attraverso i boschi, le montagne e le colline Bavaresi, scoprendo villaggi e città ricche di storia, memorie di un illustre passato.
Daniele arriva puntuale: carichiamo gli ultimi bagagli e partiamo alla volta del confine Austriaco. Percorriamo la strada verso Udine e dopo la classica pausa con cappuccino e brioss nel nostro bar di fiducia a Campoformido, imbocchiamo l’autostrada Alpe Adria. Il paesaggio comincia a cambiare velocemente: dopo la pianura friulana e i monti della Carnia, le splendide vette Tarvisiane sono il preludio alla Carinzia, altra meta delle nostre escursioni in mountain-bike. Il tempo peggiora in fretta e la pioggia prevista ci accompagna per tutto il viaggio. La sensazione è che, nonostante la scelta di pianificare il viaggio a luglio per essere certi di trovare giornate soleggiate, il nostro viaggio sarà caratterizzato dal maltempo.
Cominciamo a pensare al piano B: non possiamo permetterci di iniziare il primo giorno in bicicletta sotto il diluvio, considerando che dopo 70 chilometri arriveremo ad Altötting, la città dove pernotteremo, completamente fradici e non riusciremmo ad asciugare il nostro vestiario. Condividiamo l’idea di partire da un nuovo villaggio più vicino alla meta finale, che abbia comunque una stazione ferroviaria per poterlo raggiungere in treno al ritorno da Monaco di Baviera. Mentre fuori diluvia, per stemperare la delusione mi diletto a cercare sulla mappa una città alternativa da cui partire.
Con Daniele decidiamo che partiremo da Garching an der Alz, ma non prima di aver visitato il negozio di birre di Freilassing per la nostra scorta di birre. Sembra che l’idea di fare tappa in questa città tedesca sul confine con l’Austria a pochi chilometri da Salisburgo porti bene: non appena arrivati nel parcheggio dell’area commerciale dove c’è un fornitissimo negozio di birre, la pioggia svanisce. Ritorna l’ottimismo: riempiamo il carrello all’inverosimile con birre delle marche più disparate, ma non appena ritorniamo all’auto, ci rendiamo conto che purtroppo ci siamo illusi. Ricomincia a piovere insistentemente. Non abbiamo alternative e decidiamo di raggiungere Garching in automobile.
Il tragitto verso il punto di partenza è un continuo saliscendi con morbidi avvallamenti su un percorso che, nonostante il temporale, i lampi e tuoni, si rivela davvero affascinante. Peccato dover rinunciare a tutto questo. Ci fermiamo nella piazza principale di Tittmoning per mangiarci un panino in macchina. Piove a dirotto. Non pensiamo neanche lontanamente di arrivare in hotel alla sera senza aver percorso almeno una cinquantina di chilometri in bicicletta. Vogliamo pensare che sia una nube passeggera, anche se è difficile crederci. Una volta ripresa la strada verso il nostro nuovo punto di partenza cominciamo ad avere buone sensazioni. Il cielo non è più così cupo e dopo un fortissimo acquazzone, si apre uno squarcio di sereno verso nord.
Arriviamo a Garching e parcheggiamo nei pressi della stazione ferroviaria. Non piove più: dobbiamo fare in fretta a prepararci, fissare i bagagli e vestirci, ma soprattutto non dimenticare nulla. In meno di venti minuti siamo pronti per il nostro viaggio. Dopo un’occhiata veloce alla mappa con le ciclabili della zona prendiamo la strada per Burghausen e appena fuori dall’abitato decidiamo di svoltare sulla strada che, secondo le mie previsioni, dovrebbe arrivare a costeggiare il fiume Alz. E’ una strada asfaltata che attraversa un magnifico bosco. La pendenza non è proprio irrilevante, saremo intorno al 10 o 12 per cento, ma la meraviglia di questa foresta che ritorna a riempirsi dei suoni e dei profumi della natura dopo la tempesta è assolutamente impareggiabile.
Abbiamo percorso solo pochi chilometri e decidiamo di fermarci per assaporare il momento: vorremmo non finisse mai. Approfitto per guardare con più attenzione la mappa e mi accorgo che abbiamo sbagliato direzione: stiamo andando verso la Schlosskirke St. Erasmus in direzione sud. Dobbiamo tornare indietro, ma non siamo dispiaciuti per l’errore perché è una nostra tradizione quella di imboccare la strada sbagliata ad ogni inizio tour. Fa parte dei riti scaramantici a cui non si rinuncia!
Perdersi in bicicletta è forse l’aspetto più interessante della nostra avventura. Si pianifica tutto nei minimi dettagli, ma la variabile “errore umano” deve far parte dell’esperienza in bici: l’importante è saper trovare anche gli aspetti positivi di questi “fuori programma”, perché, sono proprio i momenti come questo, che poi ricorderemo con più nostalgia.
Scendiamo di nuovo fino a incrociare la strada principale: questa volta non sbagliamo e seguiamo la ciclabile che corre parallela alla strada. Il tempo volge al bello: il cielo è ancora coperto di nubi, ma verso nord intravediamo il sereno. Qualche goccia cade ancora, forse sospinta dalla leggera brezza che ci accompagna e scuote gli alberi intorno. Ma è una sensazione piacevole. Corriamo veloci, l’obiettivo è raggiungere Burghausen, la città sul fiume Salzach che fa da confine naturale tra Germania e Austria. Attraversiamo piccoli borghi contadini: case curate con i fiori sui davanzali, stalle, qualche falegnameria, prati e boschi. Anche questa parte della Baviera, a noi sconosciuta, si conferma di una bellezza da cartolina.
Ci fermiamo nei pressi di uno dei tanti capitelli che incontriamo lungo la strada. Sulla mappa scopriamo che ha un nome impronunciabile “Horeshamer Wegkapelle”. Semplice e curato, è uno dei tantissimi simboli del culto cattolico, orgoglio della Baviera. Continuiamo la nostra corsa su una pista ciclabile perfetta: c’è solo l’incognita pioggia incombente a metterci fretta, costringendoci a rinunciare a scattare qualche foto. Dopo una parte pianeggiante iniziamo una dolce salita che attraversa un bosco: la temperatura è frizzante, ideale per assaporare il momento. Il respiro della foresta ci inebria: vorremmo fermarci, ma qualcosa ci dice che è meglio proseguire.
Usciti dal bosco scendiamo veloci verso l’abitato di Mehring, mentre in lontananza alla nostra sinistra distinguiamo chiaramente la grande zona industriale di Burghausen, conosciuta per essere la sede di una delle più importanti aziende chimiche tedesche. Mancano pochi chilometri alla nostra prima tappa, ma l’euforia del momento ci porta a sottovalutare che la parte storica della città è circondata dalla parte moderna e finiamo per correre a vuoto in città alla ricerca della cinta muraria. Alla fine desistiamo e ci fermiamo per guardare in dettaglio la nostra carta stradale.
Nulla è perduto: pochi chilometri, una leggera salita e alla fine eccoci all’ingresso della più grande cinta muraria d’Europa. Con i suoi 1.051 metri di lunghezza, le mura medievali di Burghausen sono il vanto della città. C’è un discreto movimento di turisti all’interno delle mura: molti sono in bicicletta e si soffermano sul lato panoramico dove, sotto di noi si vede la via principale della città e il fiume Salzach che divide la Germania dall’Austria.
Ci aspettavamo un grande castello, in realtà è un piccolo villaggio fortificato, con diverse abitazioni e piccole botteghe, molte di esse con piccoli giardini a ridosso del viale lastricato.
Sostiamo qualche minuto per ammirare l’ansa del fiume: la vista è mozzafiato! Valeva la pena salire fino a qui.
Il cielo è di un azzurro spettacolare, con nuvole bianche che corrono veloci, sospinte da inquietanti nuvole nere che non lasciano presagire nulla di buono.
Decidiamo di rimetterci in sella e scendiamo verso la città nuova: qualche difficoltà ad uscire dall’abitato a causa del traffico e poi seguendo le indicazioni per Altötting ci dirigiamo verso l’area industriale. Nel tentativo di trovare la pista ciclabile senza seguire le indicazioni, finiamo in una strada senza uscita in mezzo ad un bosco che lambisce le fabbriche. Ritorniamo indietro e riprendiamo la ciclabile che scorre nel bosco, ma inizia a piovere. Troviamo riparo sotto gli alberi: sembra una nuvola passeggera, ma la sosta imprevista sta rovinando i nostri piani. Volevamo raggiungere Altötting per le sei del pomeriggio per visitare la città, ma è evidente che dovremmo considerarci fortunati se arriveremo asciutti prima delle otto.
La pioggia sembra dare una tregua: decidiamo di ripartire. Usciti dal bosco la ciclabile corre parallela alla strada che collega Burghausen con Neuötting. Sono 8 chilometri tutti diritti, che ci permettono di correre veloci mentre coperti con le nostre giacche impermeabili ci facciamo investire sul viso da leggere gocce di pioggia che scendono su di noi. Arrivati a Neuötting decidiamo di fare un breve tour e con nostra grande sorpresa scopriamo che è proprio una bella città, con una grande piazza su cui si affacciano bei palazzi in stile bavarese. Forse oscurata dalla fama della vicina Altötting, questa località non è molto conosciuta, ma si rivela una piacevole sorpresa. Da qui arrivare all’hotel dove soggiorneremo è facilissimo: sono solo pochi chilometri e quando arriviamo sulla piazza principale di Altötting rimaniamo a bocca aperta.
Un susseguirsi di palazzi d’epoca, la grandiosa Stiftspfarrkirche, lo Schtazkammer, fanno da cornice alla famosissima Gnadenkapelle, piccola cappella al centro della piazza, dove i devoti cattolici si recano per pregare e lasciano i loro ex-voto. La piazza è molto più bella in realtà che in fotografia: davvero non potevamo scegliere posto migliore per la nostra prima notte.
Se poi consideriamo che l’Ente per il turismo di Altötting ci ha consigliato il bellissimo Muenchnerhof Hotel direttamente sulla piazza, possiamo considerarci davvero fortunati.
In giro c’è poca gente: in tempi di pandemia località turistiche come Altötting soffrono l’assenza dei turisti e infatti quando facciamo il check-in scopriamo che in hotel sono pochi gli ospiti presenti, ma soprattutto che avremo una camera gigantesca solo per noi. Lasciamo le biciclette in un locale attiguo all’hotel: è un pub ora chiuso per le disposizioni governative in tema di prevenzione della diffusione del covid-19 e ci prende un po’ di tristezza nel vedere la sofferenza di questa città abituata alle folle oceaniche dei pellegrini. Ceniamo nel ristorante dell’hotel dove pochi clienti a distanza di sicurezza assaporano le specialità della zona. Poi, prima di coricarci, approfittiamo della splendida vista dalla nostra camera che da sulla piazza per dilettarci con la nostra passione per la fotografia. La città di notte, con i sui palazzi illuminati, è uno spettacolo.
Oggi abbiamo percorso 54 km per un totale di 250 metri di dislivello, non siamo poi così stanchi, ma domani ci aspetta una giornata impegnativa.
Domenica 12 luglio 2020
I raggi di sole filtrano attraverso le tende di primo mattino. Siamo svegli ben prima delle sette, ma approfittiamo comunque per rivedere l’itinerario della giornata. Abbiamo appuntamento con Ulriche dell’ufficio per il Turismo che ci aspetta all’ingresso dell’hotel alle otto. Facciamo colazione più velocemente del solito perché non possiamo permetterci di non approfittare di questa occasione.
Ulriche ci racconta la millenaria storia di Altötting, città considerata tra le più importanti meta di pellegrinaggi al mondo. Purtroppo la pandemia tiene lontani i turisti e quasi tutti i locali sono chiusi. Un brutto colpo per l’economia locale e riusciamo a comprendere le difficoltà di chi lavora con il turismo. La speranza comune a tutti noi, è che riusciamo a venirne fuori prima possibile.
Facciamo un breve tour della piazza principale dove si affacciano gli edifici storici. Ulriche è un cicerone d’eccezione e siamo davvero entusiasti di ascoltarla.
Come ultimo omaggio ci porta a visitare la Gnadenkapelle, piccolo gioiello della fede cattolica, dove è impossibile trovare uno spazio che non sia occupato dagli ex voto. L’atmosfera è unica e impagabile. Pensare che da secoli questa piccola chiesa rappresenta la meta finale del viaggio di milioni di persone che qui vengono a professare la loro devozione, lascia esterefatti.
Ripartiamo da Altötting in splendida forma. Sono le 9 e ci aspetta un lungo viaggio.
Come da copione l’uscita dalla città ci crea sempre qualche difficoltà. Nel tentativo di cercare le piste ciclabili, anche questa volta ci ritroviamo sulla strada sbagliata. Non è un problema: fa parte della nostra tradizione di cicloturisti e comunque in questo modo possiamo conoscere meglio la città. Una volta trovata la ciclabile che costeggia la strada principale il nostro viaggio inizia. Si sta bene: c’è il sole e la temperatura è frizzante.
La prima tappa è Tüßling, che raggiungiamo dopo circa un’ora di viaggio. Attraversiamo la cittadina dominata dal castello: in Markplatz gli abitanti fanno colazione seduti ai tavoli all’aperto delle pasticcerie del luogo. E’ domenica mattina e c’è un’atmosfera rilassata con le famiglie che si regalano questa bella giornata di sole. Per noi non c’è tempo per una sosta: preferiamo continuare il nostro viaggio attraverso la campagna. Il percorso è pianeggiante e corriamo veloci.
Raggiungiamo il borgo di Polling e decidiamo di scegliere una viabilità alternativa per goderci la campagna circostante. Una ciclabile sterrata attraversa un piccolo bosco, poi, una volta usciti ci ritroviamo nell’immediata periferia di Muhldorf am Inn. Attraversiamo una bella area residenziale che, considerata l’estensione, preannuncia una vivace cittadina. La città storica ci accoglie non appena superato il ponte sul fiume Inn: costruita sull’ansa del fiume, ha mantenuto il suo aspetto nonostante i danni della seconda guerra mondiale. Entriamo dalla porta principale della città e percorriamo Stadtplazt, che con i suoi negozi e locali è il cuore pulsante. Anche qui c’è una bella atmosfera con la gente seduta ai tavoli dei locali che si gode la giornata di festa.
Usciamo da Altottinger Turm e per ritornare sulla ciclabile dobbiamo percorrere una strada in salita che porta alla stazione ferroviaria. Non proprio una pendenza impossibile, ma con i dieci chili di bagaglio, la fatica si fa sentire.
Proseguiamo sulla strada principale con l’intenzione di raggiungere quanto prima una zona meno trafficata. Raggiungiamo l’abitato di Ampfing e notiamo con nostro stupore un signore attempato che disteso su una vasca da bagno in giardino a pochi passi dalla strada, si sta lavando incurante degli sguardi dei passanti.
E’ solo un attimo, capiamo che è una copia realistica a grandezza naturale, ma l’effetto sorpresa è garantito. Scopriamo che si tratta di una trovata pubblicitaria di un negozio di sanitari e arredo bagno.
Proseguiamo e cercando una ciclabile, sbagliamo percorso finendo nei pressi della stazione ferroviaria dove la strada è interrotta per lavori in corso. Ritorniamo indietro per un chilometro fino a ritrovare la strada che avevamo abbandonato. Da qui dopo aver consultato la nostra carta stradale andiamo verso nord: l’obiettivo è raggiungere il canale Isen che, almeno su Google Maps, sembra scorrere tra un bosco.
Finalmente troviamo l’ingresso della strada sterrata che segue il corso del canale: corriamo circondati da alberi secolari cresciuti lungo il corso d’acqua. Alla nostra destra l’acqua scorre lenta quasi a ricordarci che non c’è fretta. Dobbiamo assaporarare il momento.
Alla nostra sinistra piccoli orti con minuscole case in legno colorate: fiori, girandole colorate che ruotano sospinte dalla brezza di un mezzogiorno d’estate, qualche ciclista, famiglie in passeggiata, ma soprattutto la musica del bosco.
Non è rumore, non è suono, è qualcosa di diverso: si sente il cinguettio degli uccelli, le fronde degli alberi che vibrano, i rumori di animali selvatici di cui percepiamo la presenza, sembra di essere in una fiaba!
Ci è venuta voglia di rallentare, ma non possiamo cambiare la nostra tabella di marcia. Uscendo dalla cittadina, ci accorgiamo di non essere sull’itinerario che avevamo pianificato. Svoltiamo verso nord con l’idea di ritrovare la ciclabile che presumibilmente dovrebbe seguire il corso d’acqua. Raggiungiamo un ponte che attraversa un canale e ci ritroviamo all’interno di un borgo con un mulino alimentato dal fiume. Sono diversi edifici in tipico stile Bavarese tutti si affacciano su un cortile dove involontariamente siamo entrati e infatti i cani cominciano ad abbaiare costringendoci a fermarci.
C’è odore di resina nell’aria: dalla segheria esce un personaggio un po’ particolare che salutiamo ed al quale chiediamo scusa per l’intromissione, ma non capisce l’inglese. E’ visibilmente ubriaco e si rivolge a noi con una bottiglia di birra in mano. Ci risponde qualcosa in tedesco e comprendiamo che è preferibile ritornare indietro.
Lasciamo il mulino con un po’ di delusione: è un posto caratteristico che suscita in noi molta curiosità per la sua collocazione, circondato com’è da una piccola oasi boschiva. Scopriremo in seguito cercando sulla mappa che è la vecchia segheria Anton Sax.
Riprendiamo la nostra strada perché vogliamo raggiungere Dorfen che è ancora lontana. Non manca molto a mezzogiorno e pensiamo di fare una sosta nella cittadina. Non ci siamo accorti che ci siamo attardati rispetto alla nostra tabella di marcia e dobbiamo aumentare la velocità. Maciniamo chilometri su una ciclabile che per alcuni tratti corre parallela alla strada principale, poi si stacca ed entra in qualche macchia boschiva per poi ritornare sulla strada asfaltata.
Cominciamo ad avere fame, fa caldo e non abbiamo idea di quanti chilometri manchino. E’ un continuo dolce saliscendi in una splendida campagna con campi coltivati e prati ben curati.
A sei chilometri da Schwindegg ci fermiamo per controllare la mappa: decidiamo di evitare il paese e proseguiamo in una lunga discesa su una strada asfaltata che ci porta a correre paralleli al fiume Isen. Pedaliamo con la speranza che la città sia vicina e finalmente raggiungiamo Dorfen, che ci accoglie con una bellissima piazza dove la gente pranza sui tavoli all’aperto dei ristoranti: decidiamo per una sosta in una pasticceria.
Abbiamo bisogno di zuccheri e due fette di torta fanno al caso nostro. Siamo soddisfatti!
Mezz’ora di pausa e poi si riparte. Non senza qualche difficoltà riprendiamo la ciclabile che avevamo lasciato e corriamo verso la tapppa finale, Erding. Il nostro programma prevede di arrivare nella città famosa per la sua Weissbier in circa un’ora, fare un giro nel centro storico e poi fermarci per una meritata birra alla Erdinger.
Il viaggio è tranquillo e pianeggiante: solo qualche saliscendi di poco conto attraverso un bel paesaggio dove gli alberi ai bordi delle strade ci regalano un’ombra ristoratrice e rendono la pedalata meno difficile. Entriamo a Erding, ma troviamo diverse deviazioni a causa dei tanti lavori in corso nella città. Il primo impatto è positivo. Ne avevo sentito parlare: è una città vitale e molto gradevole, piena di gente, che, nonostante le tante prescrizioni anti-covid, riesce a vivere la socialità nel rispetto delle regole. Alla Erdinger Brauhaus l’accesso è contingentato e un cameriere ci invita a rispettare le distanze dagli altri avventori e soprattutto ad indossare la mascherina qualora ci alzassimo dal nostro tavolo.
Bella atmosfera, buona la birra: anche qui assaporiamo la dolce vita Bavarese. Ci aspetta il treno per Monaco di Baviera, o meglio la S-Bahn, la metropolitana di superficie che dalla capitale Bavarese raggiunge praticamente tutte le cittadine del circondario rendendo di fatto bellissimo vivere in campagna, considerato che hai la grande metropoli a poche decine di chilometri.
Caricate le biciclette sul treno, raggiungiamo la stazione centrale in poco più di mezz’ora. Da qui raggiungiamo il nostro albergo abituale nel quartiere di Schwabing attraversando la città per circa sei chilometri.
Siamo alla meta finale: ci aspetta una doccia e poi una bella cena in qualche locale tipico.
Abbiamo percorso 85 chilometri per un dislivello totale di 420 metri.
Lunedì 13 luglio
Lasciamo il nostro hotel verso le otto del mattino. C’è poca gente alla reception: l’emergenza sanitaria tiene lontani i turisti e l’assenza dei giornali sul bancone e delle merendine gratuite per gli ospiti è un segnale inequivocabile del periodo che stiamo vivendo.
Questa mattina abbiamo appuntamento con la responsabile di una catena di negozi sportivi molto conosciuta in Germania, Globetrotter. Per raggiungere il megastore di Monaco che si trova nei pressi dell’Isartor, la porta sud della città vecchia, attraversiamo il magnifico English Garden. Immergersi in questo parco considerato a ragione uno dei più bei parchi cittadini al mondo è un appuntamento irrinunciabile per noi appassionati di cicloturismo. E’ mattina eppure è già pieno di gente: podisti, ciclisti, gente che passeggia. Iniziano a vedersi anche i surfisti che vanno a testare la tavole sulle derivazioni del fiume Isar.
Facciamo colazione in un locale del Tal, la via commerciale che collega Isartor con Marienplatz, il centro della città. Da qui proseguiamo per la nostra visita a Globetrotter. Questo non è un semplice negozio per appassionati di outdoor: è molto di più. Nei suoi cinque piani si trova tutto quello che può servire per gli sport estremi, l’outdoor, il campeggio, l’avventura. Ma la parte che preferisco è la libreria dove i clienti possono trovare migliaia di titoli, mappe, e gadgets dedicati ai viaggi e soprattutto possono sedersi ai tavoli dove bere un caffè e leggere qualcosa. Globetrotter ospita anche il negozio e l’agenzia di viaggi del Club Alpino Tedesco (DAV): davvero la mecca per gli appassionati degli sport e dell’avventura.
Il nostro treno parte alle 12 dalla stazione centrale. Puntuale al binario 8 il treno diretto a Garching an der Alz lascia la città. In poco più di un’ora raggiungiamo Mühldorf da dove proseguiamo in bicicletta fino a Garching, dove abbiamo lasciato la nostra auto.
E’ un viaggio tranquillo che ci permette di attraversare una zona della Baviera che non avevamo preventivato di visitare: l’idea è di recuperare un po’ di chilometri a cui abbiamo rinunciato sabato a causa della pioggia.
Attraversiamo delle splendide campagne coltivate a frumento. Oggi fa molto caldo e lungo la strada vediamo i bambini giocare nelle piscine del giardino di casa: un bel tuffo farebbe piacere anche a noi, ma ci accontentiamo di trovare qualche sentiero immerso nei boschi per correre all’ombra. A pochi chilometri da Garching vediamo sotto di noi in lontananza la linea ferroviaria. La mappa ci indica una ciclabile che corre parallela, ma preferiamo accorciare il tracciato seguendo le indicazioni del navigatore. Dopo un lunga discesa, attraversiamo i binari e entriamo in una piccola radura che si rivelerà una sorpresa.
La stradina è sterrata e comincia a salire: un cartello ci segnala la pendenza 15%! Con dieci chili di bagaglio, questa pur breve salita, si rivela durissima e quando sulla sommità la strada si affaccia su uno slargo dove c’è una piccola chiesa la sensazione è di aver fatto qualcosa di grande. In situazioni simili è facile perdere l’equilibrio e ritrovarsi per terra con il rischio di farsi male o comunque danneggiare la bicicletta.
E’ andata bene: sarà una delle tante emozioni che ricorderemo.
Scendiamo verso Garching e raggiungiamo l’auto parcheggiata nei pressi della stazione. Carichiamo i bagagli e smontiamo le biciclette: in auto abbiamo un bel po’ di casse di birra che avevamo acquistato sabato prima di iniziare il viaggio. Riusciamo nell’impresa di caricare tutto e partiamo verso casa.
Da giorni pensiamo che, se il tempo volge al bello, potremmo approfittare per allungare il nostro tour di un giorno. Con Daniele l’intesa è perfetta e la decisione è scontata: raggiungiamo l’Austria, e una volta arrivati in Carinzia affrontiamo la sfida che da anni avevamo in mente. Vogliamo raggiungere il Großglockner, la vetta più alta dell’Austria!
Mentre Daniele è alla guida io mi occupo di cercare un albergo dove dormire la sera. Dobbiamo improvvisare: cerco sullo smartphone e dopo mille tentativi individuiamo in Mörtschach una località ideale per passare la notte. Chiamo due o tre alberghi, qualcuno non risponde, qualcun’altro è troppo caro, un terzo affitta camere per minimo due notti. Alla fine troviamo l’hotel che fa per noi.
Alle otto e mezza di sera entriamo al Landgasthof Schwaiger: una doccia veloce, uno sguardo al ghiacciaio che si staglia in fondo alla valle e una cena a base di wiener schnitzel e patate fritte, affogata con birra Austriaca. Alle dieci di sera ci rifugiamo in camera: la temperatura è scesa notevolmente rispetto alla sera prima, ma d’altro canto siamo in montagna a 900 metri di altitudine.
Oggi abbiamo percorso 29 chilometri in bicicletta per un totale di 120 metri di dislivello. Dobbiamo riposare perché domani ci aspetta la sfida.
Martedì 14 luglio
Risvegliarsi in montagna ha sempre il suo fascino: la luce del sole penetra tra le tende oscuranti delle finestre e sono sveglio dalle cinque del mattino.
Daniele dorme beatamente mentre io continuo a pensare a quello che mi aspetta. Non sono un ciclista, non lo sono mai stato. Forse potrei definirmi un ciclo-viaggiatore ma anche in questo caso potrebbe essere un azzardo definirsi in questo modo. Probabilmente sono solo un sognatore e oggi vorrei realizzare qualcosa a cui sto pensando da tempo. La presenza di Daniele mi da sicurezza: lui è decisamente allenato, più giovane e ostenta tranquillità anche nei momenti difficili. E’ il compagno di viaggio ideale.
Non voglio far trasparire la tensione e dopo colazione, mentre ci dirigiamo in auto verso il punto di partenza, dialogo con Daniele su cosa si stanno perdendo i nostri amici del Bike Tribe che non ci hanno voluto seguire. La giornata è splendida: c’è il sole e il ghiacciaio si staglia imponente in lontananza.
Raggiungiamo Heiligenblut, il villaggio con lo splendido campanile a punta che si erge ai piedi del Großglockner sul lato meridionale della montagna, e lasciamo l’auto nel parcheggio coperto del paese. Non c’è nessuno, la stagione turistica soffre le restrizioni per la pandemia e iniziamo la nostra salita in perfetta solitudine.
Seguendo le indicazioni per la vetta lasciamo le ultime case del villaggio. Io decido di procedere con calma: non ho idea dei dislivelli e delle pendenze che mi aspettano e cerco di dosare le forze. Lascio che Daniele proceda spedito davanti a me e dopo poco tempo mi ha già dato un bel distacco. Dopo circa 2 chilometri incontriamo il primo tornante: la pendenza fino a questo punto è abbordabile: siamo saliti in quota per oltre 200 metri.
Altri due chilometri fino al prossimo tornante, pendenza attorno al 10%. Poche centinaia di metri, nuovo tornante e finalmente l’ingresso alla Großglockner Hochalpenstraße. Qui le auto devono pagare il pedaggio per accedere alla strada panoramica: è una scelta necessaria per limitare il numero dei veicoli motorizzati.
Noi con le biciclette abbiamo un piccolo accesso riservato.
La strada scorre bellissima in un ambiente incontaminato. La vegetazione comincia a cambiare, i boschi si fanno più radi. Incontriamo un ciclista friulano che trova il tempo di fare due chiacchiere con noi. Oggi è il suo compleanno e come da tradizione si regala un tour partendo tutti gli anni da Lienz per salire fino alla vetta: è una sfida con sè stesso. Credo che la vincerà: ci saluta e procede speditamente.
Proseguiamo per diversi chilometri, poi la strada scende fino a raggiungere una rotatoria: la strada proseguirebbe verso Kaprun, il versante nord, ma per raggiungere il punto panoramico, dobbiamo svoltare a sinistra e qui inizia il traffico veicolare.
Fino a questo momento le auto che ci avevano sorpassato erano poche. Ora è un continuo susseguirsi di automobili e moto. Di biciclette non c’è traccia. Siamo gli unici a sfidare le pendenze proibitive con le nostre forze.
La massa di turisti che si sta recando al Kaiser-Franz-Josefs-Höhe preferisce farlo comodamente. Qualcuno suona il clacson per incitarci. Adesso comincio a sentire la fatica.
Salendo di quota il freddo aumenta e, rallentando per la stanchezza e la difficoltà della salita, la situazione peggiora. Daniele capisce che sono in difficoltà e per sdrammatizzare mi spiega che manca poco alla vetta. Sarà pur vero, ma non ce la faccio più.
Ci fermiamo nei pressi di una cascata che scende impetuosa alla nostra destra: è un’occasione d’oro per riprendere fiato. Cerco di espormi al sole per riscaldarmi e mangio una barretta energetica. Non so quanto possa mancare alla meta finale: la vetta è nascosta in questo tratto di strada. L’unico aspetto che mi fa pensare non manchi molto, è il gran numero di turisti che si fermano a scattare foto.
Percorriamo altri chilometri in un paesaggio da cartolina. Il cielo è di un azzurro favoloso con nubi che si addensano sulla vetta del ghiacciaio e in alcuni punti lo coprono.
Ci fermiamo di nuovo in un punto panoramico nei pressi di un albergo che sorge isolato lungo la strada. La vista lascia a bocca aperta: sotto di noi il laghetto dal nome impronunciabile Speicher Margaritzen. La meraviglia che mi circonda mi fa sentire meglio. So che manca ancora un bel po’ alla meta, ma la convinzione di aver fatto la parte più difficile mi rende euforico.
Ripartiamo e il traffico veicolare comincia a diventare un problema: troppe auto, troppe moto, la poesia dell’ascesa al ghiacciaio si perde quando ti ritrovi con qualcuno che ti supera con auto di grossa cilindrata che fanno un rumore insopportabile. Il peggio deve ancora arrivare.
E’ sempre più in pendenza, le auto ci passano a fianco e noi dobbiamo fare attenzione a non scivolare sul ciglio della strada che presenta un pericoloso “tappo” tra asfalto e canalina di scolo in cemento. Non vedo l’ora di uscire.
E’ una salita interminabile, procedo lentamente è ho sempre più freddo. Daniele mi ha superato da un po’, lo vedo distante.
Vado avanti perché l’obiettivo è a portata di mano: quando esco dal tunnel vedo in lontananza il parcheggio dei pullman. La strada diventa meno dura: il Kaiser-Franz-Josefs-Höhe è lì. Mentre pedalo alzo lo sguardo: il mio compagno di viaggio rallenta per aspettarmi. Arriviamo insieme al punto panoramico dove centinaia di turisti, incuranti delle restrizioni sanitarie, si accalcano per una foto. Siamo a quota 2.369 metri.
La vista è strepitosa, il Großglockner ci guarda dall’alto della sua imponenza e comprendiamo il perché della sua fama. E’ una meraviglia della natura. Nuvole immense lo ricoprono parzialmente, ma la vetta con i suoi 3798 metri di altitudine, si vede chiaramente in un cielo azzurro che le fa da sfondo.
E’ bellezza alla stato puro!
Dopo 18 chilometri e 1190 metri di dislivello la sfida alla vetta più alta dell’Austria è vinta!
Adesso non ci resta che coprirci abbondantemente con il nostro abbigliamento da alta quota e affrontare la discesa fino a Heiligenblut: farà freddo, ma la soddisfazione di essere arrivati fin qui con le nostre forze è talmente grande, che, probabilmente, non ci faremo caso.
Si torna a casa, ma già pensiamo al prossimo viaggio in bicicletta.
Ai bordi della strada cumuli di neve qua e là, mi ricordano che siamo a quote elevate. La strada diventa ancora più dura: scorre all’interno di una galleria con il lato a sinistra aperto sulla valle del ghiacciaio.